L’equilibrio

Se dovessi raccontare cos'ho fatto negli ultimi (due) anni della mia vita in una sola parola, direi che ho traslocato. In svariati, molteplici, dolorosi, impegnativi, felici, reali ma anche metaforici modi. Ho traslocato di casa, più di una volta e direi pure di vita. Ho provato a tenere tutto in ordine per poi finire col fare scatole con su scritto "cose", senza manco sapere cosa fossero queste cose e m'è toccato rivangare tutto, il bello e il brutto, traghettare ricordi o lasciar andare pezzi di vita. Però son viva. Mi sento come se avessi fatto una via in placca con uno spit ogni dieci metri, stile Fazzini. Però son viva. Non ho manco chiamato il soccorso, mi pare un ottimo risultato no?

Resegone senza mezzi a motore – ma che ne sanno i ladri di biciclette

Ci sono racconti che scrivo subito, di getto, con le mani sporche di magnesite o gli sci che gocciolano acqua sul pavimento della sala. E poi ci sono racconti che devono lievitare, come i panettoni a Natale. Perché alcune cose le capisci davvero solo dopo un po' di tempo. Una mattina di inizio gennaio, siccome nel partorire idee stupide sono, come si può dire, piuttosto brava, ho deciso di di legare alla "speriamo che tenga" gli sci sulla mia vecchia citybike, Clarabella, e andare a togliermi dalla scarpa un sassolino di quelli piccoli ma stronzi. Piccoli perché non è che sia una sciata di quelle che mammammia quasi quasi la evidenzio nel curriculum alpinistico, ma stronzi perché in una stagione in cui ha nevicato tanto con tutto quel bendiddio ti pare che vai a sciare sul Resegone dai! E alla fine finisce che quelle sciate lì non le fai mai. Ho aspettato un po' a parlarne perché non potevo assolutamente scriverne qui prima che il racconto di quella giornata fosse pubblicato sul numero di aprile di Skialper! Riuscire a trasmettere qualcosa, scrivendo delle mie esperienze, credo sia lo spin-off più bello che l'andare in montagna mi ha portato, insieme alle persone con le quali ho condiviso le esperienze, dalle quali ho imparato e che alla fine son diventati amici, più che soci di cordata.

Punta San Matteo – in caso di emergenza rompere il vetro

Diciamo che prevalentemente io non soffro la quota. Sono una di quelle bastarde fortunate che a 2.000 come a 4.000 stanno più o meno uguale. O meglio: penso di non soffrire la quota, tanto anche a 800 metri ho la nausea, il fiatone, il mal di testa, sono così allenata che mi basta il dislivello …

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