La A4 ormai mi scorre meglio della mia cara vecchia SS36. Insieme a lei scorrono anche le strisciate al casello ma per un po’ di granito e di pace, quest’estate, questo e altro.
Le vacanze estive 2021 son venute un po’ così, alla bell’e meglio diciamo. Innanzitutto mai avrei pensato di finire tre volte di fila, in dieci giorni, in Valle dell’Orco. Solitamente preferisco gironzolare, scoprire nuovi posti scalando, forte della mia scarsa tenenza ripongo tante glorie nell’aver girato non poco dell’arco alpino. C’è anche da dire che, salvo qualche puntata al Sergent sulle classiche fessure e una bellissima giornata su quella roccia fotonica dello Scoglio di Mroz di due anni fa, la Valle dell’Orco non l’avevo poi girata moltissimo.
Per esserci stata tre volte di fila avrò dunque scalato tantissimo, direte voi! No. Ho però bevuto un sacco di birrette, principalmente prima di pranzo. E’ stato bellissimo. E’ un’estate così, s’era capito. Avevo più bisogno di persone che di gradi, anche questo s’era capito. Avevo più bisogno di alcol, di chiacchiere, di leggerezza.
Ad ogni modo le puntate di questa vacanza sono state tre.
La prima la chiameremo “e poi birra”, ossia la storia di una settimana di Campeggio Gamma con base Noasca in cui, a varie formazioni e divisioni, la sottoscritta, Montagna, Red, Sara, Luca, Filo, Ape e Ricky abbiamo scalato sì, ma abbiamo bevuto di gran lunga di più. L’andazzo è stato chiaro dal primo giorno, ferragosto, quando con Luca, Montagna e Red siamo finiti al Droide pomeriggio, senza nessun friend, per poi scoprire che tutte le fessure – ingenui noi direi a non averci pensato prima – sono state schiodate, quindi in quattro ci buttiamo su dei tiri di simil oscena placca e dopo tre ore decretiamo, con immenso agonismo e slancio “ma se andassimo a farci la birra?”, trasformando già dal principio una settimana di vacanza scalatoria in un bacaro tour del bar delle trote-bar in centro a Noasca-birrette al campeggio.
Il resto della settimana non ha affatto deluso le aspettative, anzi! Un giorno lo abbiamo speso in un’impresa alpinistica degna di eroismo, ossia la Grassi Re al Becco della Tribolazione che ci ha visti, sempre io Luca, Red e Montagna, immensamente poco seri. Praticamente l’unico che ha scalato è stato Luca, ma era ovvio che sarebbe andata così. Poi tutto bellissimo, panorama stupendo, la cima poteva essere anche un balcone in centro a Milano tanto non s’è visto un cazzo. Forse l’unico giorno in cui, rientrati al campeggio un filo tardi, non abbiamo bevuto ma solo ringraziato Santa Sara che ci ha tenuto da parte la cena, almeno quella. Un altro giorno alla falesia Harry Potter insieme ad un gruppo di trenta 20enni col cappellino all’incontrario, canne che hanno reso l’atmosfera simile a The Uprising Valley ma senza scalare l’8a, nè noi nè i 20enni. E poi birra.
L’ultimo giorno io, Montagna, Red e Riccardo abbiamo concluso con una via a spit in placca sulla quale mi hanno anche costretto a tirare tutto. Non che io abbia nulla contro la placca di spalmo, ho tanti amici che scalano in placca sia chiaro, non ho nulla contro quella cosa delle mani appoggiate sulla roccia e i talloni bassi, nulla, giuro, però ecco, se i placchisti facessero i placchisti a casa loro senza costringere noi altri a subire queste oscenità sarebbe anche meglio.
La giornata in realtà che mi è piaciuta di più è stato quando ci siamo riuniti tutti per semplicemente andare a camminare sul Taou Blanc. Ricky tra l’altro è salito portandosi la bici in spalla ed è stato bellissimo vederlo scendere con la bici. Di per sè è stata la giornata più tranquilla trascorsa a chiacchierare lungo tutto il sentiero con Sara e sicuramente a bere tantissimo al rientro. Ecco, avevo bisogno di persone, avevo un gran bisogno di persone.
La seconda puntata, sempre al Becco della Tribolazione qualche giorno prima, è successa a seguito della proposta di Edo di andare a fare qualcosa insieme. Era un anno che, per un motivo e per tanti altri, non scalavamo insieme. Quel qualcosa è stato deciso in modo davvero semplice, mettendo a sistema dei criteri chiari “camminare tanto” assurdo ai più ma per me quasi sempre piacevole, le vie più lontane son sempre meno frequentate e l’ambiente regala sempre qualche bella chicca sopra le due ore di avvicinamento e “scalare sul facile”. Abbiamo fatto la semplice Malvassora. La giornata in sè, tra avvicinamento, via e ambiente mi ha rilassato moltissimo. La chiameremo, questa puntata, “tre ore dalla Diga”, dedicata al cavallo local che ogni settimana parte dalla Diga, sale dalla via e scende dalla normale in tre ore. Mentre noi in tre ore dalla diga abbiamo fatto avvicinamento e zoccolo basale e c’è sembrato d’esser allenati abbestia. Mentre facevamo le doppie lui è arrivato, slegato, in cima e probabilmente quando gli abbiamo offerto di calarsi sulle nostre doppie ha pensato “ma pensa te se ci devo mettere sei doppie a scendere con ‘sti debosciati quando ci metto mezz’ora a piedi dalla normale” e ha declinato l’invito. Avrei voluto conoscerlo, peccato!
L’ultima puntata si chiama “giornate di scarico degli altri”. Gli altri sono Caterina e Martino che ho raggiunto per un giorno mentre loro i giorni prima hanno scalato, il giorno dopo han fatto cose serie al Becco di Valsoera e poi siccome era parso poca roba han fatto Echo des Alpages sul Gran Capucin. Ma siccome con la Cate m’era capitato di scalare solo in falesia e l’ultima volta nemmeno lì, complice mal tempo eravamo finite per farci una tisana in centro a Morbegno, ho accettato di buon grado la loro giornata di scarico: il Diedro Nanchez, ossia una successione di 6b uno più fisico dell’altro in cui il menù prevede una doulfer unica rigorosamente solo a destra, che mi ha randellato sugli incisivi trasformando la giornata di scarico degli altri nella successiva giornata di acido lattico per me. Martino e Caterina palesemente hanno muscoli in posti dove io non ho nemmeno i posti. A parte questo immenso difetto che hanno, cioè scalare bene e seriamente, sono anche simpatici e umanamente parlando, due persone davvero tanto equilibrate e belle.
Qualcosa s’è fatto, come sempre. Meno delle altre volte. Ho avuto altre priorità. Ho chiacchierato molto, mi sono fatta aiutare moltissimo e ho fatto la cosa che meno so fare di tutte: mi sono fermata, mi sono data tempo e ho aspettato che il mare si calmasse.
Non la ricorderò come l’estate delle grandi soddisfazioni alpinistiche. Me la ricorderò però come l’estate in cui ho scalato la Delta Minox emotiva della mia vita e nemmeno pensavo di poterlo fare, avevo in cantina risorse che non ero nemmeno consapevole di avere. Ieri sera, di fronte ad una birra con Ginevra, il concetto è emerso bene: ciò che conta è saper chiedere agli altri come stanno e avere persone con cui a propria volta non tenersi dentro la risposta a questa domanda.
Tipo, vorrei chiedervi che belle vie avete fatto quest’estate, sicuramente ne avete più di me. Invece preferisco domande più scomode, per esempio come state? O addirittura oscene, come quella della mia prof di arte del liceo che iniziava ogni lezione chiedendoci sempre la stessa cosa: siete felici?
Sempre bella la Valle dell’Orco 😉
Ma la foto 18 sul Becco della Tribolaziione è il secondo tiro della Grassi-Re?
Le foto invece sull’imbuto del Diedro Nanchez sono sulla variante d’uscita, giusto?
Che difficoltà ha? Sembra bella e in Dulfer, mentre l’uscita classica me la ricordo rognosa e a incastro.
Foto 16, volevo dire, non 18
Ciao, la foto intendi quella nella nebbia del socio con il pile azzurro? Eravamo già oltre il secondo tiro, abbiamo sbagliato attacco. C’è in giro una relazione che lo identifica in corrispondenza di uno spit alla sinistra della macchia bianca, mentre l’attacco corretto è immediatamente a sinistra della macchia bianca e lo spit non c’entra nulla. Partendo da questo spit si fanno due tiri di un’altra via con gradi più duri dalla quale poi ci siamo ricollegati alla Grassi Re.
Quella foto è già il terzo/quarto tiro, considerando che noi li abbiamo un po’ sfalsati all’inizio appunto.
Per il Diedro invece sì, corretto. Eh, vorrei evitare di infilarmi nel marasma dei gradi, per me su queste vie hanno sempre poco significato. E’ un tiro molto fisico, per i piedi c’è poco e dal basso sembra molto meno lungo di quanto realmente si rivela essere. Lo gradano VI+, ma su vie così trad anche solo avere più o meno friend dietro secondo me fa tanto la differenza..
Ah, ho letto ora che non eravate sulla Grassi-Re, ma sulla Malvassora. Sembra bella.
La foto della tua amica su quelle lame di granito rosso è bellissima
Ciao Smaranda
Citando il tuo racconto “Qualcosa s’è fatto, come sempre. Meno delle altre volte. Ho avuto altre priorità. Ho chiacchierato molto, mi sono fatta aiutare moltissimo e ho fatto la cosa che meno so fare di tutte: mi sono fermata, mi sono data tempo e ho aspettato che il mare si calmasse.” questa estate, per la prima volta dopo 5-6 anni, non ho mai messo le scarpette. Non perché non volessi, ma perché ho dato veramente per la prima volta priorità a me stessa e ai miei equilibri. Ho assaporato la montagna in modo diverso e lentamente, camminando e respirando.
La Valle dell’Orco rimane sempre stupenda e le sue vie emozionanti. Continua così!
Credo sia la chiave di volta: capire che qualsiasi passione non dovrebbe mai essere una distrazione da altro. Bisogna vivere bene ciò che si fa e fermarsi quando non si sta bene.
Se le esperienze che viviamo diventano un modo per fuggire da altro, finiscono secondo me per lasciare presto un grande vuoto tutto intorno.
Poi, personalmente, mi piace sempre ricordarmi che per fortuna la vita è fatta di centinaia di meravigliose altre cose oltre alla montagna e che, soprattutto, è condividerle con persone che ci vogliono bene e ci stiamo a fare la differenza.