Via Ottoz alla Pyramide du Tacul – storie del fiatone sul IV grado

E’ venerdì mattina, le 7.00. Ancora non ho idea su cosa farò nel weekend. Sono d’accordo con Ale per fare qualcosa, come sempre, le idee sono tante, il meteo comanda e l’umore è altalenante. Nel pallottoliere delle salite gli butto il Vinci, la Molteni, anche se in Val Masino sembra scaricare acqua verso sera.

Ore 07.01 mi scrive per andare sul Bianco, ci sono già altri quattro nostri amici che avevano programmato un weekend in quota e la voglia di rivedere quel posto è tanta. Un progetto in mente lassù, ovviamente, c’è. Anche più di uno. Però non sembra l’weekend giusto per massacrarci corpo e spirito, decidiamo piuttosto di stare in compagnia e goderci l’ambiente spettacolare!

Così mi ritrovo a rientrare a casa pomeriggio, parecchio tirata con i tempi, ormai mi ero organizzata per andare a scalare in Grigna e decido comunque di non rinunciarci: mi ritrovo così alle 20.00 in cima al Cinquantennario dopo aver salito la via UNICEF, che comunque mi rilassa proprio la testa. Poi giù di corsa dai tornanti dei Resinelli, mi fermo a Carate alla sede del CAI a ritirare un sacco a pelo d’alta quota e due picche per Ale, torno a casa, spesa e preparo lo zaino che è praticamente mezzanotte. Sveglia alle 03.30, fantastico. Ale e Giulia sono ad un concerto, quindi al mattino dopo siamo d’accordo che guiderò io fino a Courmayeur. Anche questo weekend si dorme in settimana!

Saliamo con la prima funivia, siamo in sei: sicuramente le premesse per un weekend ignorante e divertente in quota ci sono tutte! Molliamo le tende appena fuori dal Torino, prepariamo il materiale e ci dirigiamo verso la meta: la Pyramide du Tacul, uno dei satelliti più facili da scalare, sicuramente messa in ombra dagli imponenti vicini: il Gran Capucin e perfino il Pic Adolphe Rey la rendon proprio uno sputo di granito rosso a confronto! Ciò nonostante, come qualsiasi salita in un ambiente del genere, c’è poco da scherzare e comunque da stare attenti, arriviamo all’attacco e ci leghiamo sul ponte della terminale spesso mezzo metro. Dalla prima sosta intravedo i 20 metri di buco nero sotto e mi vengono i brividi, passiamo la terminale su un sasso incastrato tra la neve e la roccia, il momento sicuramente più pericoloso della giornata è andato!

Mi lego con Ale e partiamo. La via non presenta di fatto nessuna difficoltà, anche se dopo il primo tiro a balze mi viene un fiatone non indifferente, per fortuna che non soffro la quota! In realtà scopriremo che la via saliva più a destra mentre noi abbiamo fatto delle varianti dei primi due tiri, più durette a mio avviso: orientarsi su quei gradi è la cosa più difficile, in via ci sono praticamente solo le soste, il percorso è poco obbligato si sale bene, tranne un tiro dove stupidamente decido (reduce mentalmente da un volo di dieci metri recente…) di mettere decisamente troppi friend, finendo per rifarmi i bicipiti ora della sosta a furia di tirar su le corde.

Alla terza sosta arriva anche Edo e sentiamo chiamare un sasso dalla cordata davanti a noi, che dall’inizio mi dà la sensazione di essere un po’ lenti. Il sasso, bello grande, sfiora me e Edo in sosta. Purtroppo scopriremo quando arriva anche il socio di Edo, Simone, che il sasso ha preso in pieno sulla spalla Giulia, ferma alla seconda sosta. Perciò Giulia e Gabri si caleranno e li vedremo poi allontanarsi sul ghiacciaio e rientrare alle tende! Peccato davvero! Rimaniamo noi quattro in parete e, senza ulteriori difficoltà e intoppi, arriviamo presto in cima. La via in sè non segue una linea particolarmente emozionante, però l’ambiente da quelle parti ripagherebbe qualsiasi salita!
Buttiamo giù le doppie, lungo una via che scoprirò essere Taxi Driver, di uno signore sconosciuto di nome niente meno che Piolà e rimango esterrefatta da una fessura che in libera è data 6c, decisamente off width, verticalissima e perfetta! Quando vedo le fessure io capisco poco o niente, le trovo semplicemente meravigliose!

Ci caliamo, rientriamo alle tende con il sole che inizia a incendiare il granito rosso dei satelliti, do un’occhiata e anche un’altra e un’altra ancora al Grand Cap. Con Ale decidiamo che non è cosa, ma dentro di me la sua vista si radica prepotentemente. Che ragliata che ci farei, non vedo l’ora di salirci, maledicendo il momento in cui ho scelto di farlo ad ogni singolo passo!

La giornata è stata tranquilla, la compagnia ottima e il posto semplicemente, per me, uno dei posti che ritengo essere più belli al mondo, di ispirazione e dove le sberle volano sempre altissime!

Mi addormento pian piano, con i pensieri che se la viaggiano lontano, alle vie che vorrei salire, a come le hanno salite 50 anni fa, mi sembra di stare in una cattedrale sacra ogni volta che mi avvicino a quel posto, alle persone che ho la fortuna di avere affianco e a quelle con le quali vorrei condividere questo posto.

ps: noi abbiamo usato questa relazione http://www.scuolaguidodellatorre.it/relazioni/Bianco-PyramideDuTacul-viaOttoz/218/ ma abbiamo inventato un paio di tiri, la via sale lungo lo spigolo, in modo decisamente logico e poco obbligato! Protezioni in via chiaramente e per fortuna quasi assenti. Doppie a spit con anello di calata lungo Taxi Driver, dalla cima sul versante di salita, viso a monte leggermente a sinistra rispetto alla via, se si presta un minimo di attenzione durante la salita si riescono già a individuare le soste per le calate risparmiando tempo a scendere!

 

 

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