Polimagò – cervello frullato su traverso non spittato

Dicono che le donne, a scalare, sviluppino ben presto la tecnica per compensare un deficit di forza. Sicuramente qualcosa di vero in questa frase c’è, altrimenti, vista la scarsa tenenza che ho, non si spiegherebbe come diamine riesco a salire certe volte. Ciò nonostante rimango una donna atipica, appena il piede va messo in spalmo, per me è il panico, mi sento come un gatto su uno specchio alla ricerca di una microtacca, fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio! Quindi quale via migliore di una via mellica famosa per un traverso su una sottilissima vena di quarzo, per svuotarsi il cervello? Mi sembra proprio un’idea demenziale, quindi decido di trasformarla in realtà!

Ma partiamo dall’inizio. Polimagò l’avevo conosciuta dalla sosta del suo famoso traverso, quando avevo fatto la mia prima via in Val di Mello (inizio col botto…), ossia Luna Nascente. Non avevo realmente in mente di farla ora, inizialmente  per il weekend si stava programmando di andare via un paio di giorni, ma il maltempo di aprile e maggio ci hanno lasciato ben poca scelta. Alla fine, essendoci il sabato bello, tiro fuori Polimagò quasi a sfregio: che sia almeno un sabato che valga l’intero weekend, quindi la propongo ad Ange! Sento al volo anche Ale, la conversazione su wapp è un nostro ritornello: “ma se andassimo a fare Polimagò in tre?” “ma sei seria? Ci penso su e te lo dico…”. Ormai conosco i miei polli, passa mezz’ora e… “ma certo che ci sono!”.

Ci ritroviamo così al mattino al bar Monica, con Ale che ha perso l’uso della parola più o meno all’altezza di Morbegno, io che dissimulo bene e Ange che è Ange, l’ha già ripetuta e poi è Ange, non conta!

Quando avevo visto il traverso facendo Luna mai avrei pensato di poterlo poi davvero fare. Già Luna mi era sembrata un’impresa, figuriamoci.

Ci incamminiamo verso l’attacco, imbrocco la traccia ma ovviamente mi perdo dopo, gli avvicinamenti mellici sono un banco di prova prima delle vie stesse, se riesci ad arrivare all’attacco allora puoi, forse, meritarti di provare le vie!

Ci ritroviamo all’attacco, il famoso primo tiro che unisce Polimagò e Luna, vie che poi si incontrano nuovamente alla fine del traverso. Nemmeno un anno fa lasciavo partire Angelo sul primo tiro di Luna, un VII sulla carta, azzerabile grazie al nut incastrato ma comunque boulderoso e spaccacaviglie in caso di caduta. Decido che i mesi che sono passati da Luna sono sufficienti per provarci io, così mi lego le corde e parto. Chiaramente liberare quel passetto è ben altra storia, ma già ritrovarmi in sosta mi fa sorridere. Recupero gli altri due e decido di infilarmi nel famoso camino!

Faccio i primi metri fino ad una fettuccia che ha la stessa età della via, mi ribalto fuori su un friend giallo (dai, questo tiene meglio della fettuccia!) e torno nel camino! I primi metri vanno abbastanza bene, guardo l’ultima protezione ormai fuori raggio visivo e in effetti bhè, penso “che ti aspettavi gli spit?”, sorrido e ormai indietro su questo tiro non si torna quindi in qualche modo arriverò in sosta! Molti si ribaltano fuori dal camino sulla placca, mi fermo un secondo e la guardo: non sono certo un animale da placca io, sotto di me ho un microfriend bd che se tossisco male viene fuori, cinque metri sotto il giallo che se cado ci rimango appesa per sempre. Sicuramente la placca fuori è un modo più elegante per risolvere il problema, ma sono su una via data R4, ho le chiappe morbide abbastanza da incastrarmi bene, in fondo dentro ‘sto camino non si sta poi nemmeno così male, fa un bel fresco, va là che proseguo come un verme su per di qua! La mia pelle versus l’eleganza, sempre! Mi ricordo che un anno fa il mio obiettivo era la Normale ai Magnaghi, mi pare già un azzardo ritrovarmi lì, meglio sopravvivere direi!

Raglio un po’ ma arrivo in sosta, comoda come l’inferno, solida poi che non vi dico, forse stavo meglio nel camino, la via non regala proprio nemmeno un momento di gioia direi! Recupero gli altri due e riparto anche per il terzo tiro, la famosa “Porta del cielo”, più facile del tiro di prima, con anche qualche chiodo, si incastrano un po’ le corde a destra e sinistra rispetto al lamone, ogni tanto mi rendo proprio conto di avere davvero poca esperienza su queste cose! Mi ritrovo di nuovo in sosta, seduta sulla lama che inizialmente mi sembra comoda, dopo cinque minuti mi trancia via la circolazione a tal punto che inizio a pensare che non so se sia peggio la sosta esposta e scomoda o il tiro dopo!

Il mio per oggi, penso, l’ho fatto. Sono sopravvissuta con la corda dal basso ai primi tre tiri di Polimagò, poco ma sicuro che non mi faccio anche la placca di 6a obbligato, con potenziale caduta sulla lama sopra una sosta a chiodi marci! Lascio così andare Angelo che si farà invece i tiri a seguire fino a ricongiungersi con Luna. Con la corda dall’alto trovo il quarto tiro quasi divertente, anche se la partenza dalla sosta è davvero un bel palo di equilibrio e decisione. I tiri dopo sono tipici della Valle, una successione di archi e fessure che fanno rilassare un po’ la testa prima della sorpresa finale: il mitico traverso.

Ogni volta che vedo Angelo scalare mi illudo che si possa fare, ecco, avrei dovuto saperlo che invece no, non si può fare, è lui che può farlo, mica io! Lo vedo camminare sulla vena di quarzo tranquillo quasi fino alla fine, dove la vena sparisce nel nulla lasciandoti quei 50 cm di panico prima della fessura di Luna! Ma con un passo deciso lo vediamo arrivare in sosta. Parto io, faccio i primi metri in discesa (eh già, placca, vena di quarzo in discesa, 25 metri di potenziale pendolo che se cadi finisci in Val Masino praticamente) e sento riaffiorare le stesse domande di sempre “ma perché mi ritrovo di nuovo in questa situazione, l’avevo giurato che era l’ultima volta, la volta scorsa!”, “ma esiste davvero gente che si fida dei piedi o se lo ripetono tutti come un mantra?”, “non cadere, non cadere…”, “che follia aver aperto questa cosa 40 anni fa, come vi è passato in mente, che genialata!”. A metà traverso mi fermo, respiro, vedo Angelo ridere in sosta (solidarietà, ma lo capisco, in giro con me deve farsi delle gran risate interiori a vedermi “scalare”), faccio qualche metro ancora e finalmente vedo la fessura di Luna e la agguanto con la sensazione di quando toccavi “casa” giocando a nascondino: sono salva! E tutti i pensieri svaniscono all’improvviso e ne rimane uno solo “certo però che è un capolavoro questo tiro, pensare di piantarci uno spit in mezzo gli toglierebbe proprio l’anima!”. Arriva anche Ale in sosta, che a differenza mia sul traverso si diverte pure. Più tardi mi confesserà che non capisce come ho fatto a fare i primi tiri, esattamente come io non capisco come faccia lui a viaggiarsela così sulle placche!

Riparte lui sugli ultimi tiri di Luna, ormai il mio cervello è completamente vuoto, me li ricordo davvero tranquilli e belli i tiri a seguire, soprattutto la fessura di Luna! Quando arrivo sulla placca finale mi rendo proprio conto che la via è stata un vero viaggio: pensare che l’avevo tirata io quando avevo fatto Luna e non me la ricordavo affatto dura (è IV grado, esagerando…) invece salgo piano e ci capisco poco o niente pure con la corda dall’alto questa volta! Bene, direi che la via mi ha riempita ma anche svuotata completamente, è valsa un intero weekend.

Non avrei mai pensato a Polimagò, era nel cassetto dei sogni, in realtà ci rimane, nel cassetto delle vie da rifare come banco di prova. Ci sono vie che secondo me vale la pena fare per il posto, per la linea, per l’esperienza e ci sono vie che vale la pena fare meglio. La definirei un viaggio eccezionale, mentale, un capolavoro tiro dopo tiro, non le manca nulla, no, anche se l’ho pensato per un secondo, non le manca sicuramente nemmeno qualche protezione in più!

 

ps: come relazione ho dato una leggera occhiata a questa http://www.scuolaguidodellatorre.it/relazioni/Mello-viaPolimago/61/, ma in realtà la linea è davvero facile da intuire, avevo guardato più che altro qualche foto in giro, sui tiri c’è poco da dire, tanto… oltre alle soste non troverete nulla!

 

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