Era un po’ che ce l’avevamo in mente. In Valle avevo già fatto Luna e Albero delle Pere, l’arco di Kundalini era sicuramente il prossimo incontro.
Partiamo presto, io e Ale, sappiamo già che per noi sarà un viaggio mica da ridere! Il mio rapporto con le vie della Valle è decisamente particolare, mi affascinano quelle linee come poche altre, il fatto che richiedano così tanta testa mi attira come un magnete e ogni volta prendo solo sonori schiaffi.
Arriviamo al Bidè della Contessa quando il sole inizia a illuminare la parte alta della parete. “Dai, secondo me non è così bagnata, ora asciuga poi…vedrai”. E infatti, abbiamo visto!
Gli attacchi della Valle sono speciali: se sbagli di quindici metri la traccia finisci oltre uno sperone di roccia, ti si piazza davanti Gandalf che sbatte il bastone al suon di “you should not pass!” , devi tornare indietro e risalire per mezz’ora. Infatti riusciamo a ravanare un bel po’ per arrivare all’attacco. Anche capire dove attacca poi è un altro tema, anche perché da queste parti meglio non sbagliare via va, non siamo mica delle lucertole in grado di cavarcela sui VII mellici come se fosse una passeggiata di piacere!
La relazione dice dove ci sono delle betulle. Lo sapevo io che la lezione di flora e fauna del corso di alpinismo era utile, non sono convinta di riconoscere delle betulle! Però ci crediamo, ci portiamo all’attacco e parto io per il primo tiro, prendo una fessurina ed esco su una placchetta facile. Mentre recupero Ale in sosta, arriva un altro capocordata e quando arriva il suo socio rimango un attimo shockata: ho Jacopo Merizzi in via con me! Faccio andare Ale sul secondo tiro, “l’ala di pipistrello”, e intanto chiacchiero con Jacopo che se la sta prendendo con calma, lasciandoci godere la via! Mi fa andare e mi fa anche alcune foto, osa addirittura dirmi che me la scalo bene. Secondo me voleva che ci levassimo dalla via, ma è stato carino a dirmelo in questo modo. Arrivo in sosta, una sosta meravigliosa, su un friend del 4 e una radice marcia e parto io sul terzo tiro, la “serpe sfuggente”! Non è un tiro: è un capolavoro di 30 metri! Un tiro meraviglioso, una fessura divertentissima, scalabile in ogni suo punto, un gioco di incastri e doulfer che avrei voluto fosse durato altri cento metri! Sul tiro trovo un paio di friend incastrati, non fidatevi perché spesso passano a pulirle quelle vie e non è detto ci siano ancora, il tiro è proteggibile con il BD giallo per gran parte dei suoi metri (e io ne avevo solo uno, te pareva!).
Arrivo in sosta e recupero Ale che partirà poi per il camino, che a differenza di quanto ci aspettassimo, troviamo non così duro e riusciamo a proteggerlo con un BD del 4 e anche con un BD del 3 infognato un po’ più dentro.
Quando arrivo in sosta siamo sotto l’arco, il famoso e imponente arco: mi sento quasi piccola e schiacciata, con la sensazione di essere in un posto dove gli uomini non dovrebbero starci! Che bello che è! Parto dalla sosta e inizio a infilarmici dentro finché scopro che no, non aveva affatto asciugato. Cerco di crederci un po’, faccio una 15ina di metri e mi ritrovo appesa su un chiodo con la parte sinistra del corpo che aveva strisciato nel fango. Infilo le mani nella magnesite, psicologica, e me le ritrovo calce praticamente. Inizio a dubitare fortemente dell’arco, sta gocciolando acqua, rischio di fare una balta che me la ricordo a vita, le mani incastrate dentro è come lavarsele! Ad un certo punto ho la gola così secca che bevo da un rivolo di acqua lungo la parete! Ok, direi che è ora di trovare una soluzione e la soluzione non è andare avanti per di qua.
Disarrampico un po’ di metri finchè non sono in una posizione comoda, su due chiodi (che regalo i chiodi in Valle, ti sembrano belli anche se hanno l’età di tua nonna). Recupero Ale e facendo una sosta tra friend e chiodi lo faccio andare direttamente sul traverso della via originale! A metà traverso prende un friend, lo infila fiducioso in una fessura, quando prende in mano la corda il friend esce e finisce all’attacco della via: mi sembra giusto, iniziamo a ridere, volevi mica che andasse bene, sennò andavamo a fare il giro del Fungo in Grigna! Con buona pace del friend traditore, Ale arriva in sosta. Io, essendo più in alto e con le corde che fanno attrito, mi “calo” da sola sui chiodi finché non sono all’inizio del traverso e recupero una corda alla volta, che ravanata considerato pure l’attrito che facevano. Riuscire a cavarmela in quelle situazioni un po’ ostiche è in realtà una delle cose che mi dà maggiore soddisfazione!
Faccio un altro tiro io e poi sono ben contenta di cedere il comando ad Ale che finisce la via uscendo sulle placche bagnate. Ovviamente l’ultima sosta la faccio appesa mentre mi gocciola acqua dall’alto in testa. Disagio, perplessità, il solito chiedersi perché ci si infili a pieni polmoni in certe situazioni, tanto so già che succederà di nuovo e che non mi basterà mai, mentre Kundalini decide che è giusto attuare lo stillicidio nei nostri confronti per aver osato!
Usciamo dalla via parecchio cotti, pensare al concatenamento Kundaluna è fuori discussione quest’anno, però siamo davvero soddisfatti della via!
Personalmente l’ho trovata più dura di Luna, che, salvo i primi due tiri, è un susseguirsi di fessure sempre proteggibili e scalabili con movimenti in doulfer anche piacevoli! L’ho trovata però anche più varia e articolata rispetto a Luna. Comunque bellissime entrambe!
Quando scendiamo dalla parete e andiamo a riprendere gli zaini (facendo il giro del mondo chiaramente) troviamo all’attacco anche il friend caduto! Dai, non poteva essere tutto così tanto una sberla, una gioia ce la meritavamo.
Arriviamo al Kundaluna e finalmente torniamo a fare quello che meglio ci riesce: berci e riderci sopra. I ricordi si depositano, vengono metabolizzati e digeriti, si prepara il terreno per la prossima ragliata.
ps: l’attacco è scomodissimo, noi siamo saliti a queste due betulle che si vedono poco sopra la base, su un pulpito, da lì abbiamo preso le fessure poco a destra, comunque la via segue quel traversino subito a destra, andando un po’ per fessurine e diedri nel primo tiro.
pps: non conviene lasciare gli zaini all’attacco, piuttosto alla deviazione del sentiero, perché a tornare poi all’attacco bisogna risalire dal sentiero e vien voglia di tagliarsi le vene, alla fine dopo certe salite uno pensa anche, giustamente, di non meritarsi altra sofferenza.